Divieto di detenzioni armi e lavoro di guardia giurata, i presupposti:
Tar Pescara sentenza n. 506 9 dicembre 2021
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FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso iscritto al n.384/2020, -OMISSIS- Valentino, premesso di esercitare professionalmente l’attività di guardia particolare giurata presso l’Istituto di Vigilanza Omissis s.r.l. , impugnava, chiedendone l’annullamento, il decreto -OMISSIS-recante divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplodenti con assegnazione di un termine di 150 giorni per la relativa cessione pena la confisca, nonché il decreto -OMISSIS-di revoca del porto di pistola e la nota -OMISSIS-recante comunicazione di avvio del procedimento di diniego di rinnovo della nomina a guardia particolare giurata. […]
…quanto alla valutazione prognostica che compete all’autorità di pubblica sicurezza sull’affidabilità del soggetto ai fini dell’uso dell’arma, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito, che, il divieto come la revoca del porto d’arma, non richiede che la condotta contestata come indice di inaffidabilità dell’interessato presenti una diretta o indiretta correlazione con la detenzione o l’uso dell’arma, ben potendo la prognosi sfavorevole discendere da condotte estranee all’uso dell’arma, quali comportamenti sintomatici di uno scarso controllo delle proprie pulsioni o da vicende negative nella gestione de rapporti o comunque nella interrelazione con gli altri consociati.
Ciò in quanto il giudizio di cui all’art. 39 r.d. n. 773 del 1931 non si riduce ad una prognosi di pericolosità sociale, come richiesta invece in tema di misura di prevenzione o di misura di sicurezza, consistendo piuttosto in un giudizio prognostico sull’affidabilità del soggetto e sull’assenza di rischio di abuso di armi; il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a buona condotta (Cons. St. sez. III n. 649 del 2017).
E’ altrettanto pacifico che la valutazione dell’Autorità circa il giudizio di “affidamento a non abusare delle armi” è connotata da un’ampia discrezionalità che deve dare prevalenza alle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica rispetto a quella del privato che aspira al porto dell’arma.
Difatti è stato affermato che: “L’ampiezza della discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione in materia di armi deriva, sotto un primo profilo, dall’assenza, nel nostro ordinamento, di posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto di armi, costituendo tali situazioni delle eccezioni al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e all’art. 4, comma 1 della L. n. 110 del 1975; sotto altro profilo, deriva dalla circostanza che, ai sensi degli art. 11, 3, 9 e 43 del T.U.L.P.S., il compito dell’Autorità di P.S., da esercitare con ampia discrezionalità, non è sanzionatorio o punitivo, ma è quello cautelare di prevenire abusi nell’uso delle armi a tutela della privata e pubblica incolumità, sicché ai fini del rilascio della licenza di polizia non è necessario un obiettivo ed accertato abuso delle armi, bensì è sufficiente la sussistenza di circostanze che dimostrino come il soggetto non sia del tutto affidabile al loro uso” (Consiglio di Stato sez. III 23 maggio 2017 n. 2404;. Cons. di Stato, VI, n.4693 del 20.9.2008, nn. 2528 e 2530 del 2006, nn. 1432 e 6181 del 200; Cons. St. n.7794 del 2009; Consiglio di Stato Sez. VI, 18.11.2010 n. 8102; Consiglio di Stato sez. IV, 29 novembre 2000 n. 6347).
In sostanza la revoca dell’autorizzazione può essere legittimamente sorretta da un motivato convincimento dell’amministrazione desumibile da indici sintomatici della condotta dell’interessato e non necessariamente da fatti di rilievo penale che rendano concretamente probabile il rischio di abuso.
2.2 Applicando le sopra richiamate coordinate ermeneutiche alla fattispecie in esame va confermato il giudizio prognostico sfavorevole impugnato dal momento che non può dubitarsi che i fatti commessi dall’interessato ed il suo comportamento reticente al controllo degli agenti intervenuti e richiamati più volte sul posto sono tali da far dubitare che questi sia persona affidabile.
Il comportamento contestato al -OMISSIS-, indipendentemente dalle sue ricadute penali, ha determinato il venir meno del giudizio di affidabilità dal momento che l’essere stato sorpreso in stato di ebrezza ed in condizioni tali da non riuscire a mantenere il controllo della guida, la stazione eretta in equilibrio ed un eloquio ragionevole può legittimare la sussistenza di seri dubbi in ordine alle sue capacità di autocontrollo e di inibizione dei propri impulsi. Ciò indipendentemente dalla natura occasionale dell’episodio, e dalla assenza di tracce nei controlli etilici successivamente effettuati, prima di tutto poiché il ricorrente ha volontariamente rifiutato di sottoporsi ai controlli etilici nell’immediatezza dei fatti, ed inoltre poiché la reiterazione dei comportamenti antisociali in occasione dei tre ripetuti controlli subiti nei giorni 20 e 21 dicembre 2019, denota la sua incapacità di porsi un limite e mettersi al sicuro nonostante la consapevolezza del suo stato critico e potenzialmente pregiudizievole anche per i terzi acquisita per effetto dei controlli già subiti ad opera delle Forze dell’Ordine.
Da quanto esposto consegue l’infondatezza della la censura di motivazione carente o apparente, atteso che il provvedimento di divieto di detenzione dell’arma, cui la revoca è correlata, esplica chiaramente l’iter logico giuridico che ha indotto l’amministrazione ad adottare le determinazioni impugnate, sicché il ricorso introduttivo non merita accoglimento.
Va esclusa la rilevanza di ogni altra questione inerente l’incidenza dei provvedimenti impugnati sulla qualifica di guardia giurata del ricorrente in presenza di un procedimento solo avviato e non giunto a conclusione per la revoca del titolo legittimante l’esercizio dell’attività professionale nell’ambito del quale sarà rivalutata dall’amministrazione la sussistenza dei requisiti specifici di buona condotta ex art. 138 r.d. n. 773/1933 – che si aggiungono alle regole di carattere generale sulle autorizzazioni di polizia contenute negli artt. 8-13 T. U. 18 giugno 1931 n. 773 – per l’esercizio delle funzioni di guardia giurata particolare, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’istruttoria da espletare al fine di evidenziare le circostanze di fatto ritenute decisive per la determinazione che si andrà ad adottare.
Sul punto non giova l’orientamento giurisprudenziale richiamato attestato sulla necessità in presenza di guardia particolare giurata di operare un bilanciamento tra le ragioni di ordine pubblico e sicurezza e le esigenze lavorative del destinatario per le ricadute che il provvedimento può avere sul suo status professionale e sul suo sostentamento, dal momento che le pronunce di merito richiamate sono riferite a diverse fattispecie di deficit di istruttoria o di motivazione debole in presenza di mero rinvio a denunce penali, anche risalenti nel tempo, o a frequentazioni dubbie di natura occasionale non pienamente accertate, oppure rispetto a contestazioni di reati risalenti nel tempo anche a data anteriore al rilascio del titolo o sinanche archiviati.
In definitiva, per quanto sopra esposto il ricorso va respinto e le spese vanno compensate in ragione della natura delle questioni trattate.
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